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Occhio alla spesa

Trasparenza a difesa del Made in Italy

Di: Gabriella Coronelli

14 Febbraio 2012

Categoria: ProfileFood

Venerdì 10 febbraio alle 11.00 su RAI 1 è andata in onda la trasmissione “Occhio alla spesa” interamente dedicata al “problema” dell’olio extra vergine di oliva, problema scatenato da Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica, con una serie di articoli pubblicati sul quotidiano nazionale dal 23 dicembre 2011. Ospiti della trasmissione, oltre a Berizzi stesso, ci sono Massimo Gargano presidente di Unaprol, Stefano Masini di Coldiretti che si oppongono alla visione di Gennaro Forcella di Federolio e Claudio Ranzoni di Assitol.  
Coldiretti e Unaprol sostengono la necessità di fare chiarezza nell’offerta in modo che i consumatori siano resi consapevoli da un’adeguata comunicazione: se le azioni praticate da alcuni marchi, anche famosi, presenti sul mercato sono legittime, altrettanto legittimo, per il consumatore, dovrebbe essere il diritto di essere correttamente informato sull’origine del prodotto.
Attualmente le etichette rispondono alle esigenze normative riportando, sul retro, minuscole scritte che dichiarano l’origine del prodotto e vistose etichette, sul fronte, decorate con paesaggi e scritte che fanno pensare alle campagne italiane, ad un prodotto italiano, a grandi ulivi secolari.
Non lasciano certo intravedere piccoli alberelli da coltivazione intensiva con potatura monocono (1200 piante x ettaro) ma illustrano grandi piante a vaso policonico (500 piante x ettaro), tanto, i consumatori cosa ne sanno? Il produttore è italiano, certo l’azienda ha sede in Italia, pur essendo società possedute da gruppi stranieri, il prodotto viene miscelato e imbottigliato in Italia. Questo tipo di prodotto arriva nei supermercati a 2/2,5 euro al litro (vedi esempio Olio d’Oliva del Frantoio della Rocca).

Secondo Federolio e Assitol ciò è possibile, poiché è stato acquistato in Puglia a 2,3euro al litro, la GD vende sotto costo … quindi ci ritroviamo con un olio di qualità a un prezzo molto basso. Ad inizio trasmissione, è stato dichiarato che, secondo ISMEA, il costo di un litro di olio extra vergine di oliva sullo scaffale di un supermercato non può andare a meno di 3,50 – 7,50 euro. 
Se pensiamo che una piccola voce di bilancio come possono essere le pulizie dei vetri di una catena della GD (Iper) ha un costo economico annuale di 5milioni di euro, immaginiamo quante di queste voci vadano spalmate sui prezzi dei prodotti venduti in un supermercato, appare evidente, anche alla persona più sprovveduta, che i conti non possono tornare. 
Qual è la differenza sostanziale tra un olio extravergine di oliva di alta qualità ed un olio d’oliva? 
Il parametro fondamentale va ricercato nei polifenoli, potenti sostanze antiossidanti che costituiscono un pregio dell’olio e sono rilevabili dal gusto amaro/piccante tipico degli oli di alta qualità. La quantità di polifenoli contenuta nell’olio dipende dal tipo di cultivar, dal periodo di raccolta, dalle caratteristiche del terreno, dal processo di estrazione e dal tipo di conservazione. Maggiore è la concentrazione di polifenoli in un olio e migliori sono le sue qualità organolettiche, più adeguato il processo produttivo, maggiore la sua capacità di mantenere inalterate nel tempo le caratteristiche originali e di esercitare effetti positivi sulla salute umana.
Parlando con produttori di olio extravergine di oliva di qualità e olioextravergine di oliva di alta qualità, ho rilevato che concordano sul fatto che un litro di olio extra vergine di oliva italiano di qualità non possa costare menodi 6/7 euro al litro (a loro), l’alta qualità ha un costo molto soggettivo.

Oltre ai vantaggi salutistici che derivano dal consumo di questo tipo di olio, esiste, comunque, anche un vantaggio economico derivante dalle minime quantità di prodotto sufficienti a dare sapore e valorizzare il gusto dei nostri piatti. Questo è un aspetto importante se si considera l’apporto calorico dell’olio, in una società dove l’obesità sta diventando un serio problema (il 36% dei bambini al sud Italia sono obesi).
La bassa qualità nutrizionale dell’olio non corrisponde ad un basso apporto calorico, risulta evidente come convenga il consumo di Olio Extra Vergine di Oliva di qualità in quantità moderata, piuttosto che un consumo incontrollato di olio d’oliva di bassa qualità.
La comunicazione ha abituato i consumatori a modelli che poco hanno a che fare con il benessere individuale questo anche perché la comunicazione è uno strumento molto costoso, appannaggio delle imprese industriali, non certo dei piccoli artigiani.  
Quindi è un cambio di cultura che si impone per un’inversione consapevole di pensiero. Come è possibile, ciò? Si dice che l’esempio venga dall’alto, in questo caso non è proprio facile se, come alto, intendiamo i professionisti dell’alimentazione, gli chef: in realtà per i piccoli produttori di Olio Extravergine di Oliva di Alta Qualità non è facile dialogare con gli chef e, gli stessi, anche in occasioni ufficiali, non prestano grande attenzione alla qualità dell’olio.
Da colloqui con gli chef ho rilevato che diversi non hanno una grande cultura dell’olio e non attribuiscono importanza alla scelta di uno piuttosto che l’altro. C’è chi dichiara di non mettere neanche in tavola una proposta “olio” in quanto sarebbe un costo inutile per lui e i suoi piatti non necessitano di aggiunta di nulla. Sono visioni personali, certo è che lo chef, di norma, considera l’olio un costo.
Che fare? Rinunciare? No, esperienze molto positive si sono avute con programmi formativi diretti ai bambini delle scuole medie. 

L’Associazione Uliveti del Lazio ha sviluppato un programma nelle scuole medie della regione, concluso con la “Festa dell’Olio”, Loriana Abbruzzetti, presidente dell’associazione, racconta di come l’esperienza sia stata positiva e come i bambini siano in grado di stimolare il cambiamento in famiglia. Sostituire le merendine con una bruschetta con olio d’oliva extravergine (che può essere accompagnato ai più svariati sapori secondo la stagione) ha, come impatto sul bilancio famigliare, un effetto più che positivo e sulla salute del bambino un effetto ancora maggiormente positivo.  Un’ultima considerazione merita l’obiezione mossa da Gennaro Forcella, durante la trasmissione, secondo cui è indispensabile importare oli da altri paesi poiché il fabbisogno per l’esportazione (in 150 paesi nel mondo) è nettamente superiore alla produzione.  Il concetto che si debbano saturare i mercati esteri con prodotti che di “Made in Italy” hanno solo la facciata l’ho sentito esposto molto chiaramente durante una giornata di lavoro, il  “Simei” a Milano il 25 novembre scorso, dedicata agli oli d’oliva, dove un “esperto di marketing internazionale” proponeva, come strategia vincente per l’esportazione in grandi mercati (tipo India), l’innovativa idea di esportare olio di sansa di oliva per abituare i consumatori ad un consumo diverso ma poco costoso nella speranza che si convertano all’olio extra vergine di oliva, prima o poi, accettandone, naturalmente, il prezzo superiore ma non troppo. In sala, fino a quel momento, c’erano 30 persone circa, 13 si sono alzate  e sono uscite.  Che il Made in Italy sia vissuto, all’estero, come sinonimo di Qualità è esplicitamente dimostrato dalla recente esperienza vissuta da un prodotto di Alta Qualità italiano: il Bitto Storico. Una forma di Bitto Storico da 20 kg. è stata venduta in Cina (a prezzo dignitevole, non svenduto); certo una forma non fa mercato ma è un chiaro e potente messaggio: da noi italiani, i mercati esteri, si aspettano Alta Qualità, esportare una qualsiasi roba che assomigli, solo nell’etichetta, ad un prestigioso Olio Extravergine di Oliva di Alta Qualità 100% italiano, è un danno, un grave danno alla nostra immagine e alla nostra credibilità, alla nostra economia. Anche perché, non illudiamoci, ma questi gruppi industriali che producono oli con etichette italiane, non sono italiani …
Noi siamo diversi rispetto a qualsiasi altro popolo proprio per la nostra ricchezza di piccoli/micro imprenditori saldamente ancorati a valori consolidati che costituiscono un patrimonio insostituibile, di alto valore. Questo patrimonio va difeso, non va confuso, lo si può fare comunicando apertamente al consumatore, mettendolo in condizioni di scegliere consapevolmente la qualità dei consumi.