Cambiare le abitudini alimentari
Primo: restare sordi ai consigli dei nutizionisti
Di: Agostino Grassi
Per poter cambiare le abitudini alimentari, dobbiamo dare come implicito che il consumatore alimentare sia libero nelle scelte e razionale nelle decisioni. Quello che sappiamo è che le decisioni alimentari non sono individuali né razionali. Benché sia possibile riscontrare una maggiore individualizzazione delle decisioni alimentari, l’atto alimentare non è un atto individuale. Molti studi (Duff 1990; Hollis et al. 1986; Poulain 1998) hanno dimostrato che l’accumulo di conoscenze nutrizionistiche e la loro comprensione non cambiano necessariamente le abitudini alimentari degli individui.

Si parla del paradosso americano secondo il quale la maggior percentuale di obesità si riscontra nella società in cui la vulgata della cultura nutrizionista è più diffusa. A questo punto la migliore prevenzione contro l’obesità sarebbe quella di restare sordi ai consigli dei nutrizionisti. Ve lo ricordate il paradosso francese? Mangiano formaggi e muoiono meno di infarto. Il che ci indurrebbe a cercare nella vivacità delle dimensioni culturali e soprattutto edonistiche dell’alimentazione francese una delle cause del rapporto molto basso fra consumo alimentare e morbilità. Potremmo dire (attenzione al condizionale) che uno dei modi di lottare contro l’obesità del bambino potrebbe essere quello di preoccuparsi della sua formazione alimentare. Alimentare e non solo nutrizionale, in quanto non si tratta di accrescere il bagaglio di conoscenze razionali sull’alimentazione, bensì di creare le condizioni di un apprendimento del piacere alimentare.

In attesa di saperne di più, o meglio viste le conoscenze attuali, di saperne qualcosa sull’obesità e sulla sua terapia, diventa prioritaria la lotta contro la condanna dell’obesità, giustificata non solo in nome del riconoscimento dei diritti fondamentali dell’individuo. Spezzare il circolo infernale in cui finiscono per rinchiudersi alcuni obesi: condanna, perdita di autostima, assunzione di cibo come compensazione, aumento dell’obesità. Vi siete mai soffermati a pensare a quella rappresentazione simbolica che accompagna i corpi grossi e i prodotti grassi? Non sbagliamo a dire che l’obesità e la sua focalizzazione sul sovrappeso e sull’alimentazione quotidiana sono fenomeni sociali. L’atto alimentare e i gusti sono sottoposti a forti condizionamenti sociali e le modalità cognitive di determinazione delle scelte coinvolgono il sistema dei valori, delle rappresentazioni simboliche, ecc. Bisogna superare i riduzionismi, siano essi biologici, dietetico-psicologici o sociologici, che costituiscono un ostacolo alla comprensione di questo fenomeno di salute pubblica tipico delle società moderne.