Dal Burbero Andrea Lattanzi chef social-jazz
a Valbrembo cosmo del gusto dinamico
Di: Gabriella Coronelli
… Un uomo diverso da com’è stato raccontato. Timido, rispettoso. Sembrava burbero ma non lo era, ogni tanto gli scappava una battuta in dialetto ma era un uomo colto, che non diceva mai nulla di banale. Parlava volentieri con noi…”
Giovanni Trapattoni

La cucina è una moda, per molti: parlano di ricette, vivono di ricette, si vestono da ricetta, fotografano ricette, immaginano significati artistici che svaniranno in un boccone, estetizzano il cibo riducendolo ad oggetto, raccontano di voli pindarici atterrati prodigiosamente nel piatto che gradiresti degustare in santa pace … una fatica. La cucina, fine ultimo; poi ci sono i cuochi che canalizzano nella loro cucina la vita intera, con i colori, la musica, i viaggi, la poesia e i drammi che occupano la quotidianità. Questi li riconosci e li capisci osservandoli, scrutando dentro ciò che ascoltano, ciò che leggono, dove vanno, per che cosa ridono o piangono, se ridono o piangono, insomma sono umani e, la loro cucina, è espressione d’umanità.

Parliamo del Burbero, il luogo non il personaggio. Perché il Burbero si è evoluto, allargato a cosmo che coinvolge persone storie e stili. Un percorso lungo, iniziato dal padre che ha segnato la storia del gusto a Bergamo, da Mozzo insospettabile provincia, dove ha trasferito gusti colori atmosfere e calore di Capri. Non una scuola, un laboratorio che plasma personalità e professionalità fino a 10 anni fa quando Enrico allarga le poderose – realmente poderose – ali e spicca il volo con al fianco Laura, luminosa personalità marchigiana, e danno vita al Burbero. Le due opposte individualità non creano un noioso equilibrio ma un fantasioso menage tinto da improvvisazioni creative portate in tavola con modestia e allegria. Un percorso professionale e umano che consente di sperimentare e creare sofisticate alchimie: Enrico in cucina e Laura in sala con scorrerie negli spazi altrui che consolidano le sinergie e affinano il rapporto con i Clienti, coinvolti e ascoltati, diventano interattivi e partecipi dell’evoluzione.
Laura è la capace artefice della cantina forgiata dal suo carattere femminile ma molto definito e singolare; l’origine marchigiana è determinante così come la formazione avvenuta al fianco del suocero che le insegna il coraggio e la capacità di andare oltre. Oltre le mode, oltre le attese, oltre il conosciuto: in carta si leggono etichette stimolanti che evidenziano l’attenta analisi e la volontà di proporre scoperte degustative invitanti. Esempio di sinergie e astuzie degustative ben riuscite è stata la serata “Mr. Henri”, in tavola 2 vini decisamente sorprendenti: Charman Brut Tassamare di Monteschiavo sorprende quando, la conosciuta somiglianza con il verdicchio, si apre in una mineralità fresca sconosciuta inaspettata preannunciata dai sentori; Champagne Brut Henri de Verlaine, figlio della prestigiosa prima cooperativa di Reims, abbaglia per la sua purezza la delicatezza e il retrogusto pulito persistente vigoroso. Questi nettari sono stati accostati con maestria estrosa a preparazioni a base di pesce, la più esaltante il “Carnaroli con fiori eduli di Lavanda e scampone mantecato con ridotta di bollicine e granella di pistacchio”; creazione dello chef Andrea Lattanzi che avevamo già incontrato per i suoi risotti.

Ed ora eccolo qui, inglobato nell’universo Burbero, Enrico gli ha posto solo pochi paletti legati ai piatti tradizionali poi ha carta bianca totale. È un’opportunità, per Andrea di perfezionare il suo stile, creato attraverso esperienze nazionali e internazionali, con la sua impronta molto precisa che emerge e lo distingue: ricerca continua di contrasti e accordi di gusto, sperimentazione ben tarata sul territorio, creatività moderata da un senso etico equilibrato, estetica dinamica e allettante senza sconfinare nell’elaborato. Le preparazioni che arrivano in tavola ricordano ai sensi le Improvvisazioni di Kandisky: composizione astratta, colori a macchie, il rosso, il giallo, il verde, il rosa, il blu, risvegliano significati e destano sensazioni conosciute legate al territorio e alla storia personale, forse in opposizione ma pacatamente assemblate. Un’esperienza degustativa moderna e remota che soddisfa il palato, l’occhio, l’olfatto e anima la tavola, un po’ jazz.

La cucina di Andrea Lattanzi ha un lato “social” che al Burbero trova la sua ambientazione ideale, genera curiosità, scambio di sensazioni, condivisione; i commensali sono interconnessi tra loro e con l’ambiente, non è difficile che gli ospiti dei tavoli condividano l’esperienza, si incontrino su un terreno di pace, di valori condivisi: il buon cibo. Sì, l’ambiente aiuta molto: il bianco scaldato da sedie di legno e paglia, le collezioni personali di Enrico, appassionato motociclista, il giardino, la luce, l’accoglienza famigliare ma non invasiva, Laura e il personale di sala sorridenti, attenti … insomma, un luogo per una rappresentazione attuale della figura archetipa del Burbero: personaggio scortese ma dal cuore d’oro.
