Eccellenze: ingredienti essenziali di una cucina perfetta
Il più alto livello qualitativo e persistenza dei risultati
Di: Gabriella Coronelli
Definire cosa sia un’eccellenza enogastronomica, cosa si intenda, è doveroso. Alcuni precedenti inducono a dubitare che DOP, IGP e SGT rappresentino realmente delle eccellenze: i Ribelli del Bitto, 14 produttori che hanno rifiutato di integrarsi e adattarsi agli standard stabiliti dal DOP perché non rappresentativi del Bitto vero, quello storico. Oltre al significato di “più alto livello qualitativo raggiungibile”, l’esperienza dei “Ribelli” suggerisce anche un concetto di “durevolezza” dei risultati. Per produrre un’eccellenza servono forti motivazioni: “È stata la consapevolezza di difendere qualcosa di prezioso, un’eredità straordinaria, che ha motivato i ribelli e li ha sostenuti in una guerra che non ha risparmiato colpi bassi. La loro determinazione, la loro passione, la trasparenza della loro causa, i valori più generali che rifletteva hanno coinvolto cerchie sempre più ampie di sostenitori. E anche se l’obiettivo della ribellione – il riconoscimento di una chiara specificità del Bitto Storico rispetto al generalista – non è stato ancora raggiunto, si può, con tutta tranquillità, affermare che è stata vinta una grande battaglia: i ribelli non si sono piegati. Sono sempre lì, a dispetto di tanti tentativi di mettere fine alla loro esperienza, ma la ribellione si è consolidata, ha prodotto nuovi simboli, reti, alleanze: è sempre più un caso di cui si parla anche fuori dei confini nazionali.” Leggere queste righe tratte dal libro di Michele Corti (I Ribelli del Bitto – Slow Food Editore), dove l’accento è messo su parole come “passione”, “valori”, “consapevolezza”, inevitabilmente si va col pensiero a leader carismatici come Richard Branson, Steve Jobs, Stephen Covey, Al Gore, che questi termini li usano quotidianamente. Conoscere i Ribelli serve per scoprire che non manca nulla a queste persone, sono modelli di eccellenza: eccellenza personale, eccellenza aziendale, eccellenza nella leadership. Parlare con loro significa sentirsi dire che desiderano, attraverso i loro prodotti, esprimere la memoria storica, l’identità di un territorio, non solo raccontare ma trasferire emozioni, trasmettere sapere e qualità della vita, qualità di un sistema di vita che rappresenta un’opportunità economica per le nuove generazioni focalizzate su ciò che ritengono importante non su ciò che è imposto dal mercato.
Mi viene in mente un incontro, in Domus Accademy,con Alberto Alessi che, interrogato dai presenti su quante e quali ricerche di mercato avesse fatto prima di decidere il cambiamento storico che ha riposizionato l’azienda di famiglia, rispose che non gliene importava “un niente” (eufemismo) delle ricerche di mercato, lui sentiva che i suoi prodotti avrebbero avuto successo , perché rappresentavano la qualità, la funzionalità, la gioia di vivere e trovarsi a tavola. Vittorio D’Amato, tempo fa, mi disse che molti piccoli/micro imprenditori artigiani italiani sono leader con una visione sistemica, quello che manca è la possibilità di dialogare, farsi conoscere dai potenziali utilizzatori. Niente è più vero di ciò per le eccellenze alimentari: i produttori sono concentrati sulla loro missione, non possono distrarsi, potrebbe essere a discapito della qualità delle eccellenze che producono. GlamFood si pone l’obiettivo di “ricostruire la filiera in tavola” con la complicità di chef e ristoratori capaci divalorizzare le eccellenze, materia prima di ricette perfette. La degustazione è l’azione che mette in contatto il consumatore non solo con il fornitore (in questo caso il ristorante) ma anche con il territorio attraverso le eccellenze prodotte dal territorio e utilizzate sapientemente dai cuochi. Perché ciò si possa realizzare, gli chef ed i ristoratori devono poter accedere a informazioni aggiornate, poter dialogare con i produttori e poter acquistare in modo semplice e funzionale le eccellenze.