Glamour cibo affascinante positivo simpatico
Siamo interconnessi con tutte le specie, colleghiamoci
Di: Gabriella Coronelli
Glamour, una parola francese adottata in tutto il mondo per indicare una qualsiasi cosa affascinante, attraente. Contiene la parola “amore”, comporta che il suo fascino sia determinato da valori positivi che motivino amore, affetto, simpatia.Anche il cibo può essere, anzi, dovrebbe essere, glamour: dare piacere, soddisfazione ed essere generato da valori positivi, da una forma di amore che lo renda attraente e che generi benessere a chi lo produce e a chi lo consuma.

Innegabile è il fatto che, ultimamente, nell’universo food pare si sia scatenata una guerra tra coloro che sostengono il diritto degli umani a fare ciò che vogliono, quando si tratta di scelte alimentari, in nome di una libertà (?) di pensiero di azione di consumo individuale, non certo di libertà intesa come valore sistemico e coloro che sostengono che la libertà esercitata nella scelta del cibo debba essere mixata con altri valori in modo che non sia una libertà solo individuale ma sistemica. Glamour è sicuramente la libertà sistemica, libertà per tutti gli attori del sistema in cui viviamo, Gaia. Comunicazione e televisione hanno massificato l’informazione; i social fanno la loro parte: i messaggi diffusi sono, in maggioranza, generati da individui che non hanno competenze, i personaggi pubblici raramente possiedono la formazione e la cultura che garantirebbero diffusione di aperture mentali ed evoluzione del pensiero. Molte cose belle e funzionali che l’uomo realizza sono ispirate alla natura, la bionica è il ramo della scienza che studia l’applicazione pratica dei sistemi presenti in natura. Tra le sue realizzazioni si possono citare ali di aeroplano con caratteristiche simili a quelle degli uccelli, sommergibili a forma di delfino, progetti per strutture di cemento simili allo scheletro umano, ventose simili alle zampe del geco, sistemi visivi simili a quelli degli insetti e molte altre applicazioni anche semplicemente estetiche. È innegabile l’interconnessione tra la nostra esistenza e quella di altre specie.

Le scelte alimentari individuali condizionano e determinano l’esistenza stessa di specie alle quali non possiamo e non dobbiamo rinunciare, un esempio: la farfalla monarca. È una specie emblematica in America, è la star di uno dei più spettacolari show della natura: una migrazione internazionale lunga migliaia di kilometri dal nord degli USA al Messico e ritorno. Lungo la strada, queste delicate creature con ali simili a vetri decorati arancioni e neri, affrontano sfide incredibili. Volando a circa 12km/h, incontrano autostrade e ciminiere, ferrovie e tralicci, centrali elettriche che sputano fumi tossici sul loro cammino, superano fiumi e monti, paesi e città tra tempeste e nubifragi. A milioni muoiono durante il viaggio, catturate nella scia di aeroplani, schiacciate contro i parabrezza delle auto, annegate in pozzanghere e fontane, catturate dal fuoco e dalle ragnatele. Contro ogni previsione, milioni di esse ce la fanno, e il ciclo continua: ogni anno milioni di monarca si imbarcano in questo incredibile viaggio sempre allo stesso giorno l’equinozio di autunno, quando il giorno e la notte hanno la stessa durata. Cosa c’entrano le monarca con quello che noi scegliamo di mangiare? Le monarca sono in estinzione, al cuore del problema c’è una pianta comune che si chiama Euforbia, le monarca la amano e depongono le uova solo su di lei ma è un’infestante e i coltivatori di soia, destinata all’alimentazione dei bovini da allevamento, non la amano ed utilizzano diserbanti potenti – a cui la soia OGM resiste – per eliminarla … e ci sono riusciti, così le farfalle monarca si stanno estinguendo. Ecco la nostra bistecca la pagano queste creature inconsapevoli, la cosa non è per nulla glamour.
Facciamo il collegamento
In questo video incontriamo alcuni personaggi, tutti molto glamour, che fanno alcune riflessioni relativamente all’etica delle scelte alimentari e motivano i loro percorsi: Daniel Mongraw e Fatih Guven – erano chef al ristorante vegano Saf di Londra – raccontano della grande varietà di alimenti vegetali e dell’ispirazione che si ha da tutte le cucine del mondo; la stagionalità consente un’evoluzione costante delle proposte in cucina, gli abbinamenti sono infiniti e la creatività individuale è molto stimolata. Gli chef vegan sono più coinvolti, il confronto e la sperimentazione sono costanti, ci mettono più passione perché sono arrivati lì per scelta etica, è una filosofia di vita. Fiona Oakes – vigile del fuoco e maratoneta – partecipa alle maratone per sostenere i diritti degli animali, ha ottenuto 22 ottimi piazzamenti, si allena percorrendo 120/150 km a settimana. Quando le chiedono: Perché sei vegan? Risponde con una domanda: Perché non lo sei tu? Ama essere d’esempio per le nuove generazioni poiché saranno il futuro.

Sandra Hood – nutrizionista del servizio sanitario nazionale – consiglia una dieta prevalentemente vegetariana a tutti, almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno; i vegani sono meno a rischio di malattie cardiovascolari, diabete tipo 2 e ipertensione. La vitamina D, che molti temono ne sia povera la dieta vegana, la assorbiamo prevalentemente dalla luce del sole attraverso la pelle; ha scritto un libro dedicato all’alimentazione vegana in gravidanza e per il neonato. Hester Campbell – istruttrice di fitness e neomamma – ha avuto una gravidanza felice e piena di energia grazie all’alimentazione vegana, l’allattamento è stata un’esperienza importante che le ha fatto aumentare il rispetto per il latte degli altri animali, “alimento per i loro cuccioli come il mio è fatto per la mia bambina. Mi sembra completamente sbagliato che adulti di altre specie debbano bere latte che non è fatto per loro.”

Kerry McCarty – deputata al parlamento – alcuni diventano vegani per motivi di salute, altri per il benessere degli animali, sempre più sono quelli che si preoccupano dell’impatto ambientale; una dieta di tipo occidentale non è sostenibile, ci vorrebbero 3 pianeti terra. Dieta vegana richiede 1/3 di acqua e 1/3 di terreno rispetto a quanto serve per alimenti di origine animale, gli animali allevati consumano più proteine di quante ne producano. Graham Cole – Organic Advisor Vegan Organic Network – incoraggia la diversificazione delle culture in sostituzione dell’allevamento di animali che ha creato un ambiente artificioso, irreale, avremmo una mistura di coltivazioni anziché monoculture di ettari ed ettari. Grazie alla biodiversità avremmo più habitat per gli animali selvatici e daremmo loro un aiuto viste le attuali difficoltà di sopravvivenza.
Iain Tolhurst – direttore della Tolhurst Stockfree Farm – le stockfree farm sono fattorie in cui non è utilizzato fertilizzante di origine animale. È stato studiato un sistema di sviluppo della fertilità che si basa su concimi verdi utili per la cattura del carbonio quindi per contenere il surriscaldamento ambientale. Coltivano circa 70 varietà di vegetali e fanno 300 semine all’anno, una al giorno. L’agricoltura stockfree può sostenere le fattorie anche dei paesi in via di sviluppo, non si utilizzerebbero grandi quantità di acqua, di terreno e di risorse per nutrire animali da allevamento e si creerebbe più habitat per gli alberi facendo la differenza per il riscaldamento globale.

Trewin Restorick – direttore Global Action Plan – all’inizio si pensava che le emissioni di carbonio fossero legate all’utilizzo del riscaldamento domestico, delle automobili o dei mezzi di trasporto, poi ci si è resi conto che l’alimentazione e l’ambiente sono strettamente interconnessi: molti studi dimostrano che il modo in cui mangiamo, quello che mangiamo e quello che buttiamo abbiano un impatto significativo sull’ambiente. Ogni passo del viaggio dai campi al nostro piatto crea carbonio: il 18% delle emissioni di gas serra sono prodotte da allevamenti animali; il settore dell’aviazione ne produce il 2%; il 70% di terreno fertile è destinato all’allevamento di animali ed è sempre più degradato. Ogni singolo bovino d’allevamento produce 500/700 litri di metano al giorno durante la rumina, equivale a 35 km percorsi da un grosso fuoristrada; 70.000 km in un anno – 1 volta e mezza la circonferenza della terra – percorsi con un’auto di media cilindrata = la produzione di gas di una mucca in un anno. Cameron Green – ambientalista Global Action Plan – 1/3 dei terreni fertili è utilizzato per la coltivazione di mangimi per animali da allevamento. Le conseguenze sono la perdita di specie animali, di tribù di nativi, di uccelli “Stiamo distruggendo qualcosa che non potrà essere sostituito”. La maggior parte dei sistemi di pesca è insostenibile:
- pesca con reti derivanti – indiscriminata, cattura ogni sorta di pesce;
- reti a strascico – rastrellano l’oceano riducendo le biodiversità, le piante e distruggendo le barriere coralline;
- allevamento di pesci – bisogna catturare un numero maggiore di pesci selvatici rispetto a quelli nutriti negli allevamenti.

Beenal Shingadia – MA graduate – orgogliosa, quando mangio, di non causare sofferenza a nessuno, di essere in armonia con tutti. Benjamin Zephaniah – autore e poeta – lo specismo è un pregiudizio verso i membri di una specie diversa. La percezione di animali non umani da parte degli umani è molto confusa: viviamo con animali domestici, ne piangiamo la morte ma mangiamo senza ritegno animali identici a quelli che abbiamo pianto. Causare sofferenza non può essere considerato normale e accettabile. Oltre la metà degli antibiotici consumati in UK è utilizzata per animali da allevamento. Che sia allevamento intensivo o estensivo, tutti gli animali sono trattati come cose e i loro bisogni e desideri individuali non sono rispettati. Oltre il 20% delle mucche mandate al macello sono gravide e il manto dei loro figli non ancora nati viene utilizzato per produrre pelle scamosciata. Come abbiamo provato a porre fine al razzismo e al sessismo, dobbiamo porre fine allo specismo. Gustarsi un’alimentazione a base vegetale e uno stile di vita vegan sono la protesta fondamentale contro lo sfruttamento animale, significa agire ogni giorno per ridurre la sofferenza animale e la morte attraverso la diminuzione di domanda di tutti i prodotti di origine animale.