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Italiani polli… polli italiani

0.00000016% come le chance di vincere

Di: Gabriella Coronelli

6 Luglio 2012

Categoria: ProfileFood

“Gli italiani sono i primi al mondo quando c’è da farsi spennare con i gratta e vinci” inizia così un articolo di Guido Romano pubblicato su Wired di questo mese.Oltre a dare una visione molto disincantata del gioco che, naturalmente, non è governato dal caso, ci dice che nei primi mesi di quest’anno il consumatore di “giochi legali” ha speso il 28% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (come e chi li ha spesi lo potete vedere nel trafiletto allegato). Perché dovrebbe interessarci? Perché il dato è inquietante già preso da solo se lo contestualizziamo con gli altri consumi è spaventoso. Il dato generico relativo alla spesa alimentare dice che i consumi sono in contrazione sia per la spesa di casa che fuori casa: -1,5% dei consumi in casa-1,9% i consumi fuori casa.

Cambiano le abitudini, secondo il rapporto di Coldiretti “La crisi cambia la spesa e le vacanze degli italiani”, si consuma più pasta (+3%) e meno bistecche (-6%), meno pesce (-3%), meno ortofrutta (-3%), più pane (+3%), più carne di pollo (+1%). Il 43% degli italiani ha ridotto la frequenza di negozi tradizionali, il 29% ha aumentato la frequenza di discount e il 57% ha mantenuto stabili le abitudini di acquisto nei supermercati di fiducia. In questi giorni Istat ha pubblicato i dati relativi al 2011 che ha visto una sensibile crescita rispetto al 2010. Nel fuori casa cresce quantitativamente il pranzo nel servizio veloce ma si contrae nel servizio completo,  la cena acquisisce una funzione sempre più esperenziale quindi scelta con più attenzione, anche se, comunque, prevale la scelta del servizio veloce, etnico, tavole calde, pizzerie, trattorie tipiche.

Questa veloce analisi per dire che non è crisi economica, è crisi di valori: le famiglie italiane spendono ogni mese circa 12miliardi di euro per acquisti alimentari; nei primi 3 mesi di quest’anno hanno speso 22,8 miliardi di euro per il gioco d’azzardo legale. E, con questo dato, deteniamo il primato mondiale. Si evidenzia chiaramente quali siano le priorità: sarebbe sufficiente ridurre le spese di gioco del 30% per incrementare del 10% la spesa di alimenti incrementando la qualità degli acquisti, la famiglia media italiana ha speso, nel 2011, 2,862 € ogni mese per la voce “Oli e grassi” in base ai dati ISTAT.
Non servono commenti. Deteniamo anche il primato mondiale delle eccellenze: 219 prodotti tra DOP, IGP e STG, 70 vini DOCG, 329 DOC, e 118 IGT, un patrimonio. Che cosa impedisce agli italiani di nutrirsi bene? Fondamentale nelle scelte di non qualità è la mancanza di conoscenza. A comunicare con le famiglie sono le grandi industrie attraverso ingenti investimenti pubblicitari che hanno, nel corso degli anni, modificato le abitudini e gli stili alimentari.
I piccoli/medi produttori non comunicano. Incontrano il loro pubblico sporadicamente, in occasione di fiere e feste (organizzate prevalentemente d’estate). Abbiamo fatto un’indagine presso i frequentatori di queste “fiere” è unanime il parere che non siano occasioni educative o formative, la maggior parte va per mangiare a basso costo e stare in compagnia. Abbiamo parlato con persone che da 17 anni frequentano una determinata fiera nel mese di luglio in località di vacanza, hanno sempre mangiato mai acquistato i prodotti locali proposti. I piccoli produttori effettuano spesso la vendita diretta dei loro prodotti alle condizioni che detta il mercato che, potrebbero anche essere ragionevoli, se non fosse che le attività sono spesso gestite in modo empirico quindi generano costi di inefficienze che erodono i guadagni. Diffuso è il pensiero che i piccoli offrano i loro prodotti a prezzi troppo alti, alcune volte ciò avviene realmente, perché non tengono in considerazione il “modus operandi” del consumatore, quindi propongono confezioni sbagliate, quantità sbagliate, formati sbagliati e, tutto ciò è percepito in modo negativo dal consumatore.

Il 10% circa dei consumatori italiani sono attenti a ciò che spendono, ricercano il prodotto tipico, acquisterebbero online, sono attenti alla qualità e sacrificano la quantità pur di alimentarsi in modo sano: questi sono i foodies. Di questi l’82% si informa in internet e non trova le informazioni che cerca; certo solo il 7,5% dei produttori informa attraverso la rete (la maggior parte con strumenti gestiti direttamente senza strategie ed obiettivi definiti), quasi tutti hanno siti statici che non aggiornano mai. Il produttore parla di sè attraverso la comunicazione, non parla e non forma sul prodotto e sui benefici che ne derivano dal consumo, danno per scontato che il consumatore lo sappia. Nel 2011 gli italiani hanno fatto acquisti online per 8.052milioni di euro di questi l’1% è stato per prodotti alimentari ma, fatta esclusione dei servizi, tra i prodotti in termini di spesa è il settore in cui si è speso di più. Perché? Perché il consumatore di eccellenze le cerca in internet e se le trova le acquista direttamente. Attenzione, crescono gli acquisti di prodotti esteri. Lo stesso discorso vale per i ristoratori: non si informano in rete, acquistano da grossisti che hanno già selezionato i prodotti e li hanno ricaricati di ogni costo immaginario generato da strutture poco efficienti ed inefficaci. Qui la media di chi informa attraverso la rete scende vertiginosamente al 2,5%, ristoratori e chef personalizzano molto la loro comunicazione convinti che ciò che piace a loro debba piacere anche al consumatore. Le varie guide non sono di grande aiuto: nelle guide si trovano ristoranti chiusi da 3 anni eppure hanno la promozione nella homepage della guida. Tutto è statico e polveroso, i consumatori non si fidano delle guide, ne comprano sempre meno e se ne pubblicano sempre più.