. . .

Loading

La parolaccia del momento: influencer

Chef Blogger Sbafatori Ricettare un cosmo senza influenza

Di: Gabriella Coronelli

29 Aprile 2016

Categoria: ProfileFood

Nel food sono molti a credersi influencer: chef, blogger, sbafatori, ricettare (coloro che credono di inventare ricette) … dando vita ad un circolo di compiacenze momentanee e sterili. Analizziamo il profilo dell’influencer e facciamoci un esame di coscienza Uno dei grandi bluff del marketing moderno, vale a dire il ruolo di influenzatori.

Il concetto di “influencer” definisce un processo a doppio senso: vengo influenzato da altre persone nel mio processo di formazione delle opinioni, e influenzo, a mia volta, qualcuno. Stephen Covey la definisce “sfera di influenza”, una tipica capacità della leadership, è una sfera operativa che consiste nella capacità di prendere impegni, di fare promesse e di mantenerli entrambi. Con questo parametro ben in mente: si crea una sfera di influenza attraverso azioni che confermano promesse fatte, esploriamo la dimensione web e facciamoci un’idea di chi influenza chi e come.

Chiariamo, ognuno di noi ha molti influenzatori, per esempio: le mie opinioni in materia di alimentazione sono influenzate da Franco Berrino, in materia di gusto da Pietro Leemann e Wicky Priyan, in materia di musica da Paolo Giaccio, in materia di scrittura da Marguerite Yourcenar, in materia di leadership da Stephen Covey, in materia di pensiero sistemico da Peter Senge, in materia di fisica da Fritjof Capra, in marketing da Philip Kotler e Seth Godin, quando si tratta di rose a influenzarmi è Cate di cui non hanno importanza né nome né cognome, solo le competenze, così come quando ho cresciuto i miei figli mi sono fatta influenzare dai miei genitori di cui conoscevo molto bene gli obiettivi raggiunti – invidiabili.

Come si scelgono gli influenzatori? Nella vita: si osservano, si ascoltano, si leggono e lasciamo che, azioni e parole di costoro, modellino il nostro pensiero, lo allarghino, lo perfezionino, ci consentano un’evoluzione intellettiva coerente con i nostri valori.

Sul web, ecco, illudersi che qui le cose siano diverse, che si possano bypassare degli steps troppo impegnativi, è utopia. Perciò si fa tanta bagarre intorno agli influencer, perché in realtà ce ne sono veramente pochi; tutti coloro che vorrebbero essere e si dichiarano influencer, in realtà non lo sono, se lo fossero non sarebbero loro a dichiararlo. Un esempio: nell’universo fashion c’è una blogger che si definisce influencer e, alcuni, la considerano anche la più influencer tra le fashionblogger, in realtà vende le sue scarpe, le scarpe che lei disegna, ha un blog in cui parla di fashion per crearsi una sua credibilità e convincere che le sue creazioni siano le scarpe più fighe. Nel food, non faccio esempi fornisco una chiave di lettura: gli chef sono tutti “mio amico” e ha “preparato per me” …

La rete ha reso molto probabile l’intercettazione di commenti dei diversi “influencer” su argomenti rilevanti per ognuno di noi, personalmente, apprezzo la qualità del commento, astuzia di percezione o di analisi, fino al punto di indurmi a leggere di più, ascoltare di più, vedere di più. Rappresentano la luce in fondo al tunnel quando ricerco spunti per approfondire argomenti, contributi alla comprensione dell’argomento. Il concetto “influencer” è completamente incentrato/centrato sull’influenzato [affected] non sull’influenzatore [influencer]; perciò proliferano consigli, suggerimenti e altro al fine di diventare un influencer di successo, perché sono consigli che non funzionano quindi si continua a sfornarne di nuovi nel tentativo inutile di azzeccarci. Se gli influenzatori sono scelti dal proprio pubblico in base a quello che dicono o scrivono, come qualcuno può essere un fattore di influenza tout court ? Influencer in che cosa? Influencer a chi?

È un altro tentativo di dipingere una mano di “moderno” su marketing molto vecchio: ci diciamo che abbracciamo il concetto di “segmento di uno” –SO1, ma non ci prendiamo  la briga di capire veramente, quindi cerchiamo una scorciatoia che renderà la nostra vita più facile. Noi diciamo che vogliamo impegnarci in colloqui individuali, ma il vecchio mondo delle relazioni accoglienti con i media unti attraverso un reparto altamente specializzato è molto più facile da affrontare e – soprattutto – da controllare, perciò si continuano ad utilizzare i vecchi sistemi, per nulla sistemici, nella nuova dimensione 3.0 che è solo sistemica. E le aziende pagano. Un’altra conseguenza è che la freccia del “influencer → rapporto influenzato” è monodirezionale: posso dire mr.X influenza me, ma mr.X non può dire che mi influenza. È come essere cool. I tuoi amici possono dire sei cool, ma dicendolo tu di te stesso è da disperato, assolutamente no cool. Getta un’ombra sulla persona la cui bio comprenda questa qualifica. Prendete Sean Gardner (@2morrowknight): lui è una Twitter_star, ha quasi un milione di seguaci, ma non si vede la parola “Influencer” nella sua bio. Quindi, come si fa a trovare gli influenzatori “reali”? 
Si può lavorare con loro
Ha l’espressione “influencer marketing” un qualsiasi significato? La risposta a tutte queste domande è “sì”, se non si cercano scappatoie. Gli “influenzatori” non possono essere separati da “domini”, quindi la prima cosa che serve è un dominio, una mappa chiara; una volta che si ha questa mappa si può concepire una strategia di contenuti per coinvolgere loro – e il loro pubblico – in modo rilevante purché si abbiano gli skills

  • per attivare con puntualità la strategia,
  • per controllare i risultati e apportare le modifiche necessarie a mantenere il fuoco sull’obiettivo,
  • per correggere il tiro in tempo reale ogni volta che ce ne sia bisogno.

p.s.: le ricette NON sono contenuti