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La qualità paga

qualità vs. quantità è cultura

Di: Gabriella Coronelli

22 Giugno 2012

Categoria: ProfileFood

In rete, in questi giorni, gira una discreta quantità di immagini di Eataly causa apertura store di Fiumicino. Questa mattina mi è stata postata questa sulla pagina facebook.

Così ho telefonato al produttore e mi sono informata su come funziona: AgriLanga, in provincia di Asti, produce formaggi di capra, questo NERINA, in particolare, è un formaggio che, tra lavorazione e stagionatura, quando viene immesso sul mercato ha dai 15 ai 20 gg. AgriLanga ha un accordo di esclusiva con Eataly, rinforzato da una partecipazione di Eataly nelle quote di AgriLanga, per la commercializzazione di tutti i formaggi prodotti, direttamente non possono vendere “neanche un grammo di formaggio, a nessuno”.
L’azienda produce a regime Biologico certificato,sono presidio SlowFood e producono una DOP, la Robiola di Roccaverano, vendono a Eataly i loro formaggi a 12,00€ al kg. “o si fa così o si muore” ha concluso il mio interlocutore.
I motivi principali che hanno spinto ad accettare le condizioni offerte da Eataly stanno nei problemi generati dalla distribuzione e dalla logistica. Non hanno pensato di confrontarsi con i piccoli produttori della zona che hanno già risolto tali problemi, hanno preferito questa soluzione cerrti del fatto che questi altri avranno vita breve. Ciò ha destato in me il sospetto che quanto riconosciuto, come compenso, non corrisponda esattamente alle attese e, forse, neanche ai costi sostenuti dall’impresa. Così mi sono confrontata con Michele Corti, docente ruralista presso l’Università degli Studi di Milano esperto di produzioni casearie rurali, che mi ha confermato che il prezzo conferito sia piuttosto basso viste le peculiarità del prodotto. Per essere certa di non sbagliarmi ho parlato con Maria  che, con la sua famiglia, produce formaggi di capra d’alpeggio (animali che vivono all’aperto 8 mesi l’anno) in Valle Maira; prodotti di alta qualità seguiti con passione. Con pazienza e determinazione hanno conseguito obiettivi aziendali in linea con i valori che li hanno spinti verso scelte meno certe ma più premianti: hanno smesso di fornire grandi distributori, Eataly appunto, per crescere con moderazione ed equilibrio continuando a produrre formaggi di pregio, ricercati e compensati dai consumatori in modo dignitoso, nel rispetto del lavoro intrinseco al prodotto. Da parte loro, i produttori, non hanno l’ambizione di crescere non praticano speculazioni finanziarie o operazioni commerciali che necessitano di ampi margini per assorbire eventuali rischi e, di questo, il consumatore ne ha chiara percezione, perciò attribuiscono al loro prodotto un giusto valore, corrispondente alla Qualità.

Maria ha confermato che il prodotto da loro preparato, uguale a quello della foto sopra, non possa essere venduto ad un costo inferiore ai 16/17€ al kg. Questa situazione è la stessa che si riscontra in altri settori, tipo Olio Extravergine di Oliva, dove i piccoli produttori di alta Qualità si scontrano con un mercato che posiziona prodotti assimilabili ai loro, per immagine ed etichetta, ma completamente diversi nei contenuti, a prezzi improponibili. Al consumatore mancano le conoscenze utili a fare una scelta consapevole. Come era emerso dall’incontro “Latte e Linguaggio“, a Milano, tra produttori di formaggi di Alta Qualità, anche Marta riconosce che il futuro dei piccoli produttori sta nella “conoscenza“, non nelle certificazioni o nell’appartenenza a gruppi e associazioni.
Il produttore deve farsi conoscere in modo trasparente dal suo consumatore, solo così la scelta di acquisto sarà consapevole e anche la “strategia” di consumo: qualità contro quantità, non un problema di costo ma una scelta culturale.

Per offrire delle indicazioni su cosa possa essere “farsi conoscere in modo trasparente” riporto, qui di seguito, un estratto da un sito, credo non ci sia altro da aggiungere: Qui la capra rappresenta la base di tutto: dal suo latte otteniamo i formaggi che caratterizzano l’azienda e con la sua carne prepariamo salumi e piatti saporiti. La scelta di macellare le capre adulte nasce dall’esigenza aziendale di dare una fine dignitosa agli animali a fine carriera o che presentano problemi nella mungitura; quella di macellare i capretti nasce dalla necessità di limitare il numero dei capi presenti in azienda, avendo scelto di non ingrandire troppo il nostro allevamento. Probabilmente queste scelte possono creare perplessità: come si fa ad uccidere animali così belli e che abbiamo allevato con amore? La nostra risposta è una scelta di coerenza col nostro essere allevatori: se gestisci la filiera degli animali dalla nascita alla loro maturità, non puoi esimerti dall’accettare di prenderti carico anche della loro morte e pensiamo sia dignitoso trasformare la loro carne in cibo da assaporare con grande riconoscenza. Ci piace citare quello che ha scritto la monaca Adriana Zarri sul libro “Erba della mia erba”: “…la morte è sempre feconda…E’ un’economia dell’universo che va riconosciuta nella sua realtà: un’economia drammatica che certo ha dei limiti, ma che va riconosciuta così com’è … Uccidere un animale è triste; mangiarlo invece è un’altra cosa: è un rito di partecipazione, una sorte di comunione cosmica…quando mangio un animale che mi è stato caro lo faccio più volentieri: penso che è l’ultimo servizio che mi rende, ora entra a far parte di me. Forse è anche l’ultimo servizio che io rendo a lui, assumendolo in una vita più cosciente.”