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L’orto Enrico Crippa e il Carciofo

Il ristorante ingloba l'orto e le eccellenze stagionali

Di: Gabriella Coronelli

24 Febbraio 2016

Categoria: ProfileFood

“Di due eremiti, uno era attivo ed energico, l’altro pigro e indolente. Il secondo passò un giorno accanto alla capanna del primo e vi vide intorno un orto magnificamente coltivato. Disse allora il secondo:
– Che splendore riesce a fare la mano dell’uomo, con l’aiuto di Dio!Rispose il primo:- Detto fra noi, avrei voluto che tu avessi visto in che stato era ridotto questo terreno quando il Buon Dio era il solo ad occuparsene!” – R. Kern – 

L’orto

Senza togliere nulla al sapiente, creativo, artistico, empatico, progetto divino, l’orto si può dire tale solo grazie all’intervento manuale e intellettivo dell’uomo. In realtà, l’orto, è risultato di un’attività sinergica di osservazione, comprensione e miglioramento della creazione spontanea. Definiamo, cos’è l’orto? Limitiamoci al territorio europeo, tenendo conto delle diverse contaminazioni che la cultura e il linguaggio hanno subito, la nascita del concetto di orto si può rintracciare con facilità. L’etimologia latina propone “hòrtus” come la voce “che ha comune origine con le voci Corte e Giardino in una radice GHAR- o HAR- recingere – ossia – chiuso, recinto, giardino”. Anche dal dialetto siciliano giungono interpretazioni significative: in Sicilia l’orto era detto “nuara”, che deriva dal latino “novalia”. La declinazione latina “novalis” indica la condizione di maggese (riposo) di un campo. La declinazione “novale”invece corrisponde al campo messo a coltura dopo il riposo, più genericamente ad un campo coltivato, significato traslato poi sul raccolto. L’etimologia ci porta a concludere che sono due i caratteri fondamentali dell’agricoltura orticola: la vocazione NONintensiva, vista la necessità di riposo periodico del terreno, e la natura chiusa, recintata dei suoi confini.

Come una vasta e fertile culla, la regione mediterranea, genera, ogni mese, preziose e sane colture; anche febbraio, uno dei mesi storicamente più freddi (non quest’anno), ha colori e gusti nell’orto che stimolano la creazione di pietanze sorprendenti, interpretazioni di storie antiche rivissute e raccontate in chiave contemporanea e nuove poesie suggerite da viaggi lontani, da contaminazioni e avventure che si materializzano in esperienze di gusto uniche. L’orto ha assunto più funzioni, simboliche e pratiche: funzione sociale funzione paesaggistica funzione benefica per salute fisica e psicologica funzioni ambientali funzioni culturali e funzione di risorsa. Ed è questa ultima funzione, scoperta da chef consapevoli delle potenzialità del cibo vegetale fresco, che è diventata un plus che dà valore aggiunto alle proposte culinarie.

Enrico Crippa
Orto e Enrico Crippa sono sinonimici; Enrico è lo chef che ha accettato la sfida, dalla Brianza alle Langhe, un viaggio iniziato grazie ad un’iperbole di Carlo Cracco, quando Bruno Ceretto gli chiese un consiglio per uno chef bravo come lui, Cracco disse: “Bravo come me non lo conosco, più bravo Enrico Crippa”. Sono passati 10 anni da quando il ristorante “Piazza del Duomo” di Alba si è dotato di un orto diventato leggenda e modello, 500 erbe oltre a piante da frutta e ortaggi. L’orto è diventata la tavolozza da cui Enrico attinge gusti e colori e li assembla in forme, cotture e cromatismi che ricordano l’arte kaiseki, forse, retaggio dei 3 anni passati in Giappone mandato da Gualtiero Marchesi. Le verdure, le erbe, i vegetali sono protagonisti assoluti della cucina di Enrico, riprendono il ruolo fondamentale attribuito dallo stile mediterraneo, in ossequio di un territorio, le Langhe, regione estrema di questa enorme culla gastronomica, sul confine dell’imponente placca eurasiatica con la sorella adriatica, il cui terreno era il fondo del Mediterraneo che qui ha depositato marne ricche di fossili marini e vegetali. Il modello è stato seguito da altri chef, il territorio italiano si presta a queste esperienze, ogni regione possiede l’humus su cui far crescere imprese integrate e  assimilate dal territorio che offrono occasioni multisensoriali: gusti, profumi, sapori, viaggi, arte e relax. (nella Gallery riportiamo l’articolo “Coltivato, cotto e mangiato” dallo speciale di Gardenia “Orti e Giardini” che racconta dei fratelli Mati Paolo e Francesco che hanno creato Toscana Fair ristorante agrituristico affiancato da OrtoFair da cui attingono ogni stagione i frutti migliori)

Diamo un’occhiata all’orto di questo mese: patate, porri, cime di rapa, finocchi, radicchio, cavolfiore, carciofi, verza, cicoria, broccoli, cardi, cavolo, rughetta, finocchietto, queste sono le verdure che si trovano praticamente in tutte le regioni. A queste si possono aggiungere i frutti: arance, mele, mandarini, bergamotto, clementine, melone invernale, kiwi, limoni. La varietà è molto stimolante.
Il Carciofo
Il carciofo è la verdura simbolo di questo periodo, non devono mancare sulle tavole perché, da gennaio, il nostro corpo ha iniziato a prepararsi al risveglio di primavera, ha bisogno di liberarsi da scorie e tossine che lo appesantiscono; i principi attivi del carciofo depurano il fegato e abbassano il colesterolo nel sangue (insieme a trigliceridi e zuccheri) favorendo il passaggio tra inverno e primavera. L’ideale sarebbe consumare almeno 100gr. di carciofi al giorno, inventiamoci qualcosa per portarli in tavola tutti i giorni e apprezzarli.

Come quasi tutti i vegetali, anche il carciofo è rappresentato da varietà diverse:

  • Carciofo di Albenga – ha le spine, è ricco di antiossidanti, ideale per essere consumato crudo, con solo un filo di olio EVO, perché essendo povero di fibre non favorisce i gonfiori addominali;
  • Carciofo Sardo – ha le spine è più amarognolo rispetto agli altri carciofi perché è più ricco di cinarina, un principio attivo che contrasta colesterolo LDL – quello cattivo – è un potente depurativo e antiossidante;
  • Mammolo – è senza spine con scarso contenuto di fibre, molto tenero adatto a chi soffre di disturbi intestinali. Va consumato rapidamente perché non tollera la conservazione in frigo;
  • Carciofo Brindisino – è senza spine, si trova in commercio da ottobre per tutto l’inverno, è uno dei carciofi più teneri e gustosi, ottimo mangiato crudo. È povero di fibre e ricco di potassio, non favorisce i gonfiori addominali è utile contro la ritenzione e la cellulite;
  • Carciofo violetto di Chioggia – è di colore chiaro ha foglie che terminano con spine sottili. Ottima fonte si fibre solubili che contribuiscono ad assorbire meno grassi e zuccheri, è utile per contrastare il grasso addominale.

Come vuole la nostra ricchissima cultura agraria, oltre a queste, che sono le varietà più diffuse, quasi ogni paese ha la sua varietà, un esempio per tutti: il Carciofo Violetto di Sant’Erasmo – coltivato sulle isole della laguna di Venezia, Sant’Erasmo, Vignole, Lio Piccolo, Malamocco e Mazzorbo, su terreni argillosi ricchi di Sali minerali. È noto per i “botoli”, piccoli carciofi laterali usati per le preparazioni sott’olio, è la varietà più ricca di antiossidanti dall’azione antitumorale utile a prevenire l’invecchiamento precoce.

In cucina: tutte le varietà esercitano i loro benefici curativi meglio se consumati crudi, per questo gli chef li consigliano come crudités o ne consigliano una breve cottura a vapore. Tutte le parti del carciofo possono essere degustate, purché la pianta sia da coltivazione biologica, anche le foglie, normalmente scartate, si utilizzano sia in insalata o pinzimonio che cotte – anche in infuso, ottima base per aperitivi o succhi di verdure. Abbiamo provato a farci dare qualche suggerimento da uno chef, scelto a caso perché conosciuto direttamente e parso disponibile e cordiale di persona. Purtroppo a rispondere al telefono non è lui, un suo collaboratore che segnaleremo per l’oscar di “chi se la tira di più”, che ha risposto “è molto difficile mettersi in contatto con il nostro chef”. Per andare sul sicuro ci siamo rivolti al maestro. Gualtiero Marchesi consiglia cotture molto rispettose, lente e brevi. Ogni regione italiana offre la possibilità di inventare salse e condimenti con cui accompagnare il carciofo in pinzimonio, cotto al cartoccio o sotto la brace. La cottura a vapore costituisce un’alternativa valida che consente la conservazione per qualche giorno – se messo sotto vuoto in frigo può essere conservato fino a 6/7 giorni. Consumati a cena è meglio accompagnarli a legumi – con ceci o crema di ceci sono ottimi – a pranzo possono essere accompagnati a carboidrati.

Dato il gusto preciso del carciofo, può essere condito anche con oli EVO di carattere forte; sta bene con frutta secca e con gli agrumi – un’emulsione di olio EVO, pompelmo rosa, gomasio e zenzero, ne esalta il gusto e gli effetti benefici. Il lato estetico del carciofo è affascinante, perciò si presta come ornamento della tavola, sia a centro tavola che come composizione singola (vedi foto di testata) “consumabile”, accompagnato da una collezione di condimenti che ogni commensale sceglierà in base al proprio gusto. Una curiosità storica: gli antichi romani mettevano i carciofi, tagliati a spicchi se grossi interi se piccoli, nelle otri vuote del vino, aggiungevano acqua e li lasciavano riposare in cucina vicino a fonti di calore. Venivano consumati dopo almeno 30 giorni, cotti, sodi, gustosi con una “pucia” che insaporiva il pane raffermo.