“… Neanche gli dei possono nulla”
Riflessioni estive di "Chef Personal Branding" buone per tutte le stagioni
Di: Gabriella Coronelli
Non serve discutere i fatti”
Isaac Asimov da “Neanche gli dei”

I consumi di pasti fuori casa aumentano, attualmente incidono del 36% sui costi mensili famigliari. Ma, ma il saldo annuale tra le aziende di settore – bar, ristoranti – che aprono e quelle che chiudono è negativo di circa 10.000 unità; significa che ogni anno spariscono dalla faccia dell’Italia ben 10.000 imprese del settore. Quelle che rimangono non se la cavano granché bene: la produttività delle imprese della ristorazione non soltanto è bassa, ma anziché crescere si riduce, e attualmente è al di sotto di quasi sei punti percentuali rispetto al livello raggiunto nel 2009.

Lungi da noi l’intenzione di fare un’analisi globale delle variabili che condizionano i risultati, ci proponiamo una panoramica sulla comunicazione digitale perché, negli ultimi anni, chef e ristoratori sono in prima linea, si sono esposti in prima persona, aprendo pagine sui social che spesso gestiscono personalmente o fanno gestire da moglie, figlio, sorella, mamma o nonno, il che è anche peggio. Perché aziende di settori vari riescono ad incrementare i propri fatturati grazie alla presenze sui social – il 27% degli incrementi di fatturato delle micro/PMI imprese italiane derivano dai social – e i ristoranti non ci riescono? Domanda retorica, farebbero meglio a non esserci, fanno più danno che altro. Premesso che la formula, il “Sacro Graal” della comunicazione digitale efficace, quella in grado di fare emergere in modo certo da questo brodo primordiale fatto di tweet e messaggi di stato, non esiste, analizzando, nel tempo, i maggiori opinion leader digitali appare come ognuno di loro sia riuscito ad emergere attraverso azioni e comunicazioni spesso opposte rispetto a quelle di altri influencer. L’unica costante è il “pensiero Laterale” che sforza spesso le regole, esattamente l’opposto di ciò che fanno i grandi media, come denuncia il sociologo canadese Marshall McLuhan: “I padroni dei media si sforzano sempre di dare al pubblico ciò che esso vuole, perché sentono che il loro potere è nel medium e non nel messaggio”, e che fanno gran parte di operatori del ho.re.ca sui social: cavalcano l’onda nel tentativo di piacere e adottano linguaggio volgare, pubblicano foto dei loro piatti in gran quantità, raccontano fatti personali di dubbio gusto, aggrediscono chiunque critichi, rivelano lati della loro personalità sgradevoli, vanno a spiare la concorrenza e fanno critiche negative, … comportamenti tipici da giornalisti d’assalto, grandi markettari.

Partiamo da un assunto importante: tutti noi, per i nostri amici, rimaniamo “amabili pirla” indipendentemente dal nostro percorso professionale e i nostri amici sono pronti ad accettare tutto, nel bene e nel male. Per Clienti e potenziali tali non è così, per loro siamo professionisti, sia che ci conoscano da 20/30 anni o 20/30 minuti, per loro dovremmo essere un “brand”, specialmente se la professione che pratichiamo è identificabile con la persona che siamo. Non andiamo più online, siamo online, dove accadono cose su cui non abbiamo il controllo e non esistono regole educative comuni. È inutile tentare di controllare l’incontrollabile ma possiamo, dobbiamo controllare il controllabile: le nostre reazioni. “Online disinhibition effect” è il problema: la gente compie, online, azioni che offline non farebbe mai; queste azioni fatte offline comporterebbero uno stress a chi le pratica – se ti insulto guardandoti negli occhi, l’azione mi causa stress e conseguenze – online causano stress solo a chi le riceve. Ciò importa a pochi, molti sono diseducati ad avere rapporti interpersonali assertivi, proattivi, siamo egocentrici, antropocentrici nel mondo reale figuriamoci nel metamondo digitale.

Rudy Bandiera ci ha provato, ha assemblato 7 regole ispirate a principi, se vogliamo, anche conosciuti da tutti, tipo: “tutte le cose che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi dovete farle a loro” (non come predicano i furbetti “non fate” che mette tutte le coscienze a tacere); “smettete di giudicare” chiunque giudichi, in rete, senza conoscere le persone e i motivi, è mosso da fini distruttivi o dal risentimento, vanno ignorati.
Regola 1 – Il mezzo è il contenuto, noi siamo ciò che gli altri percepiscono, noi siamo quello che comunichiamo.
Regola 2 – Il vincere sempre, a tutti i costi, non è essere vincenti ma arroganti. Non dobbiamo umiliare le persone con cui comunichiamo per sentirci vincitori in tutte le discussioni.
Regola 3 – Rimaniamo lucidi e concentrati su chi abbiamo “di fronte”. La persona con cui stiamo comunicando, in quel momento, è la persona più importante della nostra vita.
Regola 4 – non dobbiamo calpestare B per andare dal punto A al punto C. Oggi mettiamo tutto sul piatto del risultato, se ho raggiunto un risultato sono bravo, NON è vero! Un percorso dignitoso che non ha umiliato nessuno e ha portato un risultato utile a tutti gli attori, allora sei bravo, sei giusto.
Regola 5 – Non siamo obbligati a partecipare a tutte le discussioni. In un post uno scrisse “quello che penso io vale tanto quanto quello che pensi tu” ma chi l’ha detto? Se si sta parlando di social e di tecnologie e tu fai il chirurgo, il mio pensiero vale più del tuo; ma se parliamo di medicina e io faccio il muratore allora il tuo pensiero vale più del mio. Non dobbiamo dire sempre per forza la nostra, impariamo a stare zitti.
Regola 6 – Abbiamo una responsabilità verso tutti. Una volta si andava al bar e a chi diceva una stupidata lo si redarguiva al silenzio, gli si pagava una spuma e lo si spediva a casa onde evitare che facesse danni. Oggi non è più così, le stupidate si scrivono sui social e possono influenzare e turbare la sensibilità altrui, di questo siamo responsabili noi non la piattaforma.
Regola 7 – Siamo sempre in pubblico anche se siamo in privato. Le conversazioni private sono spesso rese pubbliche attraverso percorsi che non avremmo immaginato; diciamo in privato solo ciò che potremmo dire anche in pubblico.

Sono 2, da un’indagine in rete, gli argomenti che causano profonde divisioni, aggressioni e insulti e che dalla rete si trasferiscono, spesso, nella realtà: i vegani, i cani nei ristoranti. Chef e ristoratori dovrebbero iniziare a prendere coscienza che sono molti i frequentatori di ristoranti che non amano vedere cadaveri di animali beffeggiati, ridicolizzati o semplicemente esibiti. Nessuno ama pensare e vedere chi fosse in origine il bocconcino d’agnello, la tagliata di fassona, il maialino allo spiedo … da una ricerca Doxa emerge che aumenta esponenzialmente il numero di consumatori attenti all’origine dei cibi che consumano e preoccupati dell’impatto che può avere il cibo di cui si nutrono non solo sull’ambiente ma anche sul benessere animale. Quindi, non aggredire i vegani, o para/tali, che insultano gli chef esibizionisti ma scusarsi e ritirare le foto è un gesto di forza morale e di rispetto. Verissimo che spesso i vegani vanno sul pesantino ma, spesso, chi soffre diventa aggressivo e vedere esposto il cadavere di amici fa soffrire, basterebbe un poco di empatia per evitare scontri più dannosi per chi ha un’attività che non per chi è semplice navigante digitale. Anche gli onnivori che assistono non avranno mai una buona impressione e temono di poter essere, per qualsiasi motivo, oggetto di altrettanto inspiegabile livore. Ho un libro nero su cui segno questi chef, quando ho ricevuto la Guida Le Soste 2018 mi sono soffermata a leggere con interesse la presentazione di uno chef, che non conosco personalmente, la sua storia e la sua filosofia e l’ho messo in calendario per andare a conoscerlo il mese successivo. Pochi giorni dopo costui ha pubblicato, su Facebook, una sua foto in cucina con il cadavere di un animale ridicolizzato e, di fronte all’insorgere non solo di vegani, si è esibito in risposte e giustificazioni penose. Ho concluso che il ristorante avesse un buon copy – o l’associazione Le Soste – in realtà lo chef è un personaggio pessimo, ne ho parlato con gli amici, ho influenzato le scelte perché preferisco canalizzare risorse non solo economiche verso profili che ritengo meritevoli, di chef bravi ed etici ne abbiamo molti, possiamo scegliere.

I cani al ristorante, la cosa è regolamentata da una legge: “L’ANCI, Associazione Comuni Italiani ha ribadito che: “Vietare l’ingresso ai cani nei locali pubblici e quindi negli esercizi commerciali è illegale.” Infatti il D.P.R. 320/54 Regolamento della polizia veterinaria ammette l’accesso ai cani nei locali pubblici e mezzi di trasporto purché al guinzaglio. Nessun commerciante può vietare l’ingresso ai cani. Se un cittadino si trovasse nella condizione di essere invitato ad uscire da un locale perché in compagnia del proprio 4 zampe può segnalarlo ai vigili urbani i quali si preoccuperanno di far rispettare la legge”. Le Regioni hanno stabilito, a loro volta delle norme, mai peggiorative, in Lombardia devi motivare l’eventuale richiesta di divieto e provvedere a segnalare in ingresso il divieto e uno spazio in cui gli animali siano custoditi in attesa dei padroni. Molti cani sono più educati degli umani, molti umani non porterebbero mai il loro cane in determinati ristoranti per rispetto delle esigenze del cane. Il buon senso ed una buona dose di educazione possono fare molto, l’osservanza delle normative farà il resto. Le discussioni in rete o le recensioni negative serviranno a poco, non sono costruttive.

Premesso che liste e classifiche sono sempre discutibili, ciò non toglie che possano dare dei segnali, indicazioni interessanti; 9 chef italiani sono presenti nella lista “The Chef” i migliori chef segnalati dagli chef come modelli: Enrico Crippa – Piazza Duomo – Alba, Massimo Bottura – Osteria Francescana – Modena, Massimiliano Alajmo – Le Calandre – Rubano, Chicco Cerea – Da Vittorio – Brusaporto, Nadia Santini – Dal Pescatore – Canneto sull’Oglio, Niko Romito – Reale – Castel di Sangro, Heinz Beck – La Pergola – Roma, Stefano Baiocco – Villa Feltrinelli – Gargnano, Fabio Pisani e Alessandro Negrini – Il luogo di Aimo e Nadia – Milano. Tutti professionisti che si sono creati una credibilità con il lavoro, spesso con il silenzio la concentrazione su obiettivi dignitosi non certo con post aggressivi volgari e offensivi, a dimostrazione che anche gli chef e i ristoratori possono comunicare strategicamente con educazione. Torniamo al titolo “Neanche gli dei possono nulla” è un libro di Isaac Asimov ispirato ad un verso di Friedrich Schiller “Contro la stupidità neanche gli dei possono nulla” a cui risponde Puskin con il suo famoso “E dagli stupidi allontanati” … non dimentichiamo.
Le immagini rappresentano opere di Giovanni Frangi artista milanese nato nel ’59, è tra le figure più importanti della sua generazione, un “brand” credibile costruito con impegno e coerenza riconoscibile per lo stile e la forte personalità.