Un piacere con radici profonde
VINO Futuri Possibili
Di: Gabriella Coronelli
Si è parlato di vino, ieri mattina, al convegno tenuto presso la sede de “Il Sole 24 Ore” a Milano. L’apertura dei lavori è spettata a Mattia Losi direttore editoriale Business Media Group 24 Ore, Cristina Lazzati ha moderato, con un equilibrato tocco di femminilità, gli interventi.
Hanno iniziato Federico Capeci e Marilena Colussi di Duepuntozero Doxa presentando la ricerca, ricca di spunti, “Il consumatore – Il mondo professionale” (la trovate completa nel pdf allegato). Obiettivo della ricerca è quello di dare una visione chiara dello scenario “vino” attuale ed una proiezione credibile per il futuro; molti sono i dati interessanti emersi da questa ricerca, vediamone alcuni:
- l’Alta Qualità è stato il maggior valore di successo fino ad oggi e lo sarà nel futuro anche se con una quota più bassa: 66% oggi, 50% in futuro;
- I marchi di certificazione Doc, Docg, … hanno avuto valore per il 59% dei consumatori, nel futuro scende a 32%
- Anche il territorio passa da un valore del 58% al 30%
- Il giusto rapporto Qualità/prezzo sale, passa dal 26% attuale al 33% futuro
- Salgono: internet dall’1 al 7% è l’elemento con la maggiore crescita, la salubrità dal 13 al 17%, la comunicazione passa dall’8% al 16%, mercati internazionali (vini esteri) dal 7 al 21%, innovazione tecnica in vigna passa dal 5 al 10%, innovazione tecnica in cantina dal 5 all’11%, riduzione dei trattamenti invigna passa dal 5 al 12%, la sostenibilità ambientale dal 3 al 12%, quella sociale dal 2 al 9%.
Questi valori possono costituire le linee guida per le scelte strategiche future di chiunque desideri posizionare un prodotto con buoni margini di successo.
A confermare questi andamenti sono stati anche gli interventi successivi: Davide Paolini, il Gastronauta, si è intrattenuto in una conversazione con gli enologi Riccardo Cottarella eEmilio Renato Defilippi sull’argomento “La via sostenibile del vino”.
Cottarella ha affermato che non è più utopia pensare a tecniche naturali per evitare l’uso di solfiti.
Defilippi ci ha ricordato che l’Italia è molto avanti nel disciplinare da applicare nelle cantine, le leggi che esistono per garantire i processi produttivi del vino non esistono per molti altri alimenti.
Andrea Gori, il sommelier blogger, ci ha parlato dell’incontro del mondo del vino con i blog e i social. Come nella maggior parte dei settori artigianali, i produttori non hanno compreso la funzione importante di internet e dei social network. I blogger hanno fatto ulteriore confusione: per tutti la centralità sono sé stessi, raccontano di sé, delle loro degustazioni, delle emozioni personali, è una fiera dell’egocentrismo, parlano delle loro esperienze come se fossero”divine”; il consumatore non cerca questo tipo di informazione, desidera che il produttore, o chi per esso, fornisca informazioni utili ad una scelta consapevole.
Il ruolo primario di questi strumenti sarebbe quello di ascoltare il consumatore per dare risposte precise e trasparenti alle sue esigenze.
Questo non sta succedendo, quindi le possibilità di dare visibilità, a chi non ha ingenti budget da investire in comunicazione, sfumano a causa della mancata professionalità e volontà di ascolto: è molto più difficile ascoltare che parlare!!!
Sapere come funzionano i social è una competenza, i “mi piace” e gli”amici” non hanno alcun significato, i valori sono altri.

Giovanni Prati, innovation manager, ha illustrato il ruolo dell’e-commerce: è in crescitacostante, i volumi sviluppati in Italia sono di molto inferiori alle medie europee, ciò significa che si può crescere, si deve crescere.
I vantaggi dell’e-commerce stanno nel fatto che il consumatore lo percepisce come strumento di risparmio poiché si attende che accorci la catena del valore con funzioni dirette e minori passaggi distributivi che sono vissuti come sprechi.
I costi di posizionamento di una piattaforma di e-commerce sono ancora molto alti, perciò è consigliabile una piattaforma condivisa, gestita da strutture competenti, capaci di applicare le tecnologie sia allo store che alla logistica. Questo consente importanti recuperi economici. Piccole piattaforme private non offrono potenzialità di sviluppo.
I lavori si sono chiusi con una tavola rotonda in cui si è parlato di opportunità e rischi:
Elena Amadini brandmanager di wine and food di Verona Fiere ci ha spiegato come negli ultimi 10anni, anche se è un processo che si avviato almeno da 40 anni, i consumatori siano cambiati ma i produttori non sono cambiati con lo stesso ritmo. Ha portato l’esempio del telefono a tasti: qualcuno ha ascoltato l’esigenza di un cliente che voleva i tasti e da qui è stata sviluppata la tecnologia che ha modificato tutti i prodotti. Nel vino questo non succede, nessuno ascolta i Clienti, si fanno grandi sforzi per posizionare prodotti che piacciono al produttore, si spendono risorse nella partecipazione a tutte le fiere possibili senza un riscontro proporzionale agli investimenti.
In internet, dove dovrebbe svilupparsi il dialogo, proliferano siti vetrine vecchi e stantii, polverosi, con le foto di famiglia e tutto quanto piace al produttore esibire.Lo spazio per l’ascolto è inesistente.
Massimo Bolchini haillustrato nuove tecnologie per la rintracciabilità del prodotto, ha illustrato un processo che garantisce la Qualità del prodotto attraverso tutta la filiera logistica consentendo la riduzione dei rischi e un discreto risparmio economico sulla funzione.
Massimo Furlan direttore food and beverage de la Rinascente Milano è tornato sull’argomento della comunicazione: i nostri produttori sono bravi a produrre non a comunicare. Ci ha illustrato l’evoluzione del consumatore: negli anni 60 chiedeva un bicchiere di vino, negli anni 70 un bicchiere di vino rosso, negli anni 80 un bicchiere di vino rosso piemontese, negli anni 90 un bicchiere di vino rosso piemontese Barbaresco, nel 2000 rosso Barbaresco della cantina, 2010 rosso barbaresco cantina e anno.
Ogni anno 4 milioni di Clienti consumano 30.000 bottiglie di vino al bicchiere, gli stranieri si fanno consigliare, gli italiani credono di saperne di più, i contenuti non sono minimamente comunicati, le etichette continuano, da sempre, a piacere ai produttori ma non informano i consumatori.
A questo punto, Luca Gardini, il miglior sommelier nel mondo del 2010, ci ha illustrato come il vino italiano sia percepito nel mondo, in particolare come il sud America stia dando segnali molto positivi, non solo il Brasile ma anche piccoli stati tipo il Paraguay, dove si recherà a breve a tenere un incontro con chef e distributori: il vino italiano è vino di Qualità.
Riccardo Ravasio, direttore vendite Italia del Gruppo Italiano Vini, ci ha dato un quadro preciso con pochi numeri: 66% del vino venduto è vetro, il 50% è venduto sopra i 5euro al litro, il valore medio del venduto è 3euro al litro (nella GDO).

Come per ogni alimento di Qualità (Olio Extravergine di Oliva, Formaggi, ecc…) il ruolo della GDO nel massacro sistemico dei piccoli produttori che non sono compensati per il loro lavoro, è evidente. L’incapacità dei piccoli produttori di comunicare i propri valori si manifesta tutta in questa situazione che sta penalizzando l’intero mercato, abbiamo visto dai dati della ricerca: il valore “internazionalizzazione” sale dal 7 al 21% significa che cresce il numero di coloro che acquistano vini stranieri, il valore “territorio” scende passa dal 58 al 30%.
I vini esteri non sono sottopagati, sono sugli scaffali ad un costo superiore rispetto a quelli nazionali, quindi, il problema non è il prezzo, è la comunicazione!!!
Ultimo a parlare è stato Antonio Santini del Ristorante Dal Pescatore di Canneto Sull’Oglio, già in un precedente intervento era emerso che il ricarico praticato dai ristoratori sul vino sia eccessivo, tanto eccessivo da renderlo invendibile. Santini ha motivato il costo con l’esigenza di spalmare tutti i costi gestionali anche sul vino. Ha ricordato anche che numerosi ristoranti chiudono a causa del costo elevato della cantina.
Personalmente ho avuto l’impressione che le motivazioni esposte abbiano convinto poco tutti, è emersa di nuovo la mancanza di competenza nelle piccole imprese, come i ristoranti, di una politica del prezzo e della gestione del magazzino, non c’è la cultura per acquistare, proporre e abbinare correttamente i vini.
Alcuni hanno tentato la strada delle tecnologie proponendo la carta dei vini si iPad, non è servito a nulla, la figura del sommelier è fondamentale e la sua capacità di ascoltare il Cliente dovrebbe essere uno skill certo, oggi non lo è.
È stato dato un segnale forte, comunicato con una serie di parole chiave condivise dai relatori: comunicazione (la più votata), conoscenza la successiva, poi tecnologia e innovazione, sistema, territorio.
Al termine ci è stata offerta una degustazione piacevole: pinzimonio di verdure fresche, scaglie di Parmiggiano Reggiano e Crudo San Daniele con abbinati vini a scelta, ho scelto un Prosecco extra dry Tenuta Sant’Anna.
In conclusione riporto una curiosa conversione tra due rispettabili, eleganti, classici signori, che si scambiavano pareri durante la degustazione:
sig 1 – andare al ristorante vuol dire lasciarsi avvelenare con cibi pieni di sale e altri correttori del sapore dall’origine non chiara.
sig 2 – si deve stare attenti nella scelta.
sig 1 – no, no sono tutti uguali, anche gli chef più rinomati in cucina usano schifezze che a casa non useremmo mai.
sig 2 – io vado al ristorante per stare in compagnia di amici e mangiare cose che a casa non cuciniamo mai.
sig 1 – io questa sera mi faccio un cosciotto di agnello alla griglia, lo mangio con mia moglie che è a dieta sta facendo la Dukan.
sig 2 – lo sai che quello lo hanno quasi messo in galera.
sig 1 – no lui, per onestà si è tolto dall’albo dei medici.
Illuminante, questo è il mercato!!!